Passeggiando per Reggio Calabria, sarà impossibile non dare uno sguardo verso la zona collinare dove è situato il Castello Aragonese che, per buona parte degli ultimi secoli, ha visto la sua storia andare di pari passo con quella della città e della sua evoluzione. Al suo interno, dal 1956, è ospitato l’Osservatorio dell’Istituto Nazionale di Geofisica.
In età greca e romana l’area dove attualmente si trova la fortezza non prevedeva un castello vero e proprio e solo sotto l’imperatore Giustiniano I (intorno al VI secolo) fu costruito un castello con l’intento di difendere la cittadina, fondamentale snodo per i commerci tra l’Italia e Costantinopoli. Con i normanni (che presero il castello dopo l’occupazione bizantina), ed in particolare con Federico II di Svevia, la struttura fu modificata e ampliata all’interno di un progetto avviato dal sovrano e che prevedeva il miglioramento del sistema di difesa di tutto il regno di Sicilia. Le migliorie apportate dai lavori svevi, ai quali successero altri piani di modifica nel corso dei secoli successivi, cedettero però col tragico terremoto del 1908.
Quando Reggio Calabria fu occupata dai garibaldini ci fu una grande diatriba tra le istituzioni locali che erano divise dalla volontà di abbattere o meno il bastione che, tra l’altro, non rientrava nei nuovi piani urbanistici. Nel 1892 fu decretata la parziale demolizione del castello Aragonese anche se le due torri in stile aragonese (tutt’ora presenti) ne furono risparmiate e cinque anni dopo il castello fu dichiarato “monumento nazionale”. Dopo la prima guerra mondiale, durante la quale la fortezza fu adibita a caserma, maturò anche nei reggini l’accettazione di demolire uno dei simboli della città: la struttura fu quasi interamente abbattuta e le due torri furono, come già ricordato, preservate. Nel 1986 una parte del castellocrollò
a causa di alcuni errori compiuti durante una fase di restauro e dopo nuove operazioni di riassestamento, nel 2004 la struttura ha riaperto in tutto il suo splendore al pubblico.