I “Bronzi di Riace”, originali scultorei greci di straordinaria importanza, furono rinvenuti, in maniera fortuita, il 16 agosto 1972 nelle acque di Riace Marina, a 200 m dalla costa e ad una profondità di 8 m. Di seguito, tali fondali furono interessati da un’indagine stratigrafica (1973) e da prospezioni (1981), che portarono al rinvenimento di 28 anelli in piombo pertinenti alle vele di una nave antica, un frammento di chiglia di nave riconducibile ad un arco cronologico che va dall’età romana a quella bizantina e la maniglia dello scudo imbracciato dal “Bronzo A”. A seguito di un primo intervento conservativo operato presso l’allora Soprintendenza alle Antichità di Reggio Calabria, le statue furono sottoposte a restauro strutturale complessivo presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze (1975-1980). Dopo essere state in mostra al Museo Archeologico di Firenze (1980-1981) ed ai Musei Capitolini di Roma (1981), sono, dal 1981, in esposizione permanentemente presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, dove sono state sottoposte ad un ulteriore intervento di restauro tra il 1992 e il 1995.
La tecnica utilizzata per la realizzazione dei “Bronzi”, ha previsto la saldatura di parti fuse separatamente: testa, torace, braccia (distinte in tre settori, mani, gambe, piedi, dita medie dei piedi).
Sotto l’aspetto stilistico, le due statue sono articolate secondo un medesimo schema “a chiasmo” (alla gamba destra che sostiene tutto il peso del corpo corrisponde il braccio sinistro che sorregge lo scudo) ed arti di scarico (alla gamba sinistra flessa corrisponde il braccio sinistro che tiene la lancia). Esse possono essere state realizzate per essere esposte insieme ad altre in un donario, oppure essere state ex voto presso un santuario greco. Non è da escludere, d’altra parte, che le due statue siano state accostate solo al momento del trasporto per mare.
Alcuni studiosi (G. Dontas) pensano che, nonostante le differenze, si possa attribuire entrambe le statue a uno stesso periodo, intorno alla metà del V sec. a.C., e allo stesso ambiente, presumibilmente quello dell’Attica. Altri (A. Di Vita) sottolineano le differenze, attribuendo al 460 a.C. il “Bronzo A”, fortemente legato allo stile di Mirone e al 430 a.C. il “Bronzo B”, già influenzato da sculture attiche.
Per la collocazione in Grecia di esse, di recente, sulla base dei risultati delle analisi sulle terre di fusione, che indicano come possibile luogo di produzione Argo, è stata proposta (P. Moreno) la pertinenza ad un donario innalzato nell’agorà di questo centro del Peloponneso raffigurante i Sette a Tebe, eroi argivi che attaccarono la città di Tebe, rimanendo sconfitti e morendo tutti: il “Bronzo A” sarebbe Tideo, il “Bronzo B” Anfiarao, i loro autori Agelada ed Alcamene.
Per la loro collocazione in Magna Grecia, un’ipotesi (S. Stucchi) è quella che si tratti dell’olimpionico locrese Euthymos di Locri, vincitore per tre volte nel pugilato; il “Bronzo B”, realizzato da Pitagora di Reggio poco dopo il 470 a.C. potrebbe rappresentare l’atleta dopo aver sconfitto il mostro di Temesa; il “Bronzo A”, opera di un artista megaloellenico, databile poco prima del 435 a.C., l’atleta divenuto eroe dopo la morte.
Bronzo A
Il “Bronzo A”, alto 1.98 m, si caratterizza per l’impiego di molteplici materiali per la realizzazione di dettagli anatomici: i bulbi oculari sono in avorio (le pupille, non conservate, erano presumibilmente realizzate in pasta vitrea o con pietre preziose), le labbra in rame, i cinque denti dell’arcata superiore sono resi mediante una lamina d’argento modellata. I capezzoli sono realizzati con una lega a bassa quantità di stagno, che conferisce loro un particolare colore rosa tenue. La testa venne originariamente concepita priva di elmo, come dimostra l’accuratissima resa dei capelli su tutta la calotta al di sopra della fascia che li trattiene. Sulla sommità del capo, inoltre, è presente un foro atto, forse, ad ospitare un meniskos (perno acuminato di bronzo funzionale a tenere lontani gli uccelli dalle statue). In un secondo, tempo, tuttavia, fu alloggiato un elmo corinzio, come attestano segni di appoggi sulla nuca e sulla fascia, oltre che la trasformazione dell’originario foro in un alloggiamento squadrato per l’elmo stesso. In quell’occasione le orecchie, ben modellate, furono coperte da ciocche applicate.
Bronzo B
Anche il “Bronzo B”, alto 197 m, si caratterizza per l’impiego di molteplici materiali per la realizzazione dei dettagli anatomici: l’occhio destro (l’unico conservato) ha la cornea realizzata in pietra bianca con iride ad anelli concentrici bicromi (bianco e rosa) e pupilla nera. Le labbra sono in rame ed capezzoli sono realizzati con una lega a basso quantitativo di stagno che conferisce loro un particolare colore rosa tenue. La scultura presenta segni di rimaneggiamenti: il braccio destro e l’avambraccio sinistro presentano segni di rimaneggiamenti apportati mediante l’impiego di una lega con forte percentuale di piombo, secondo una consuetudine tipica dell’età ellenistica e romana.
I Bronzi di Riace sono temporaneamente trasferiti (fino al 30.04.2011) presso la Sala Monteleone di Palazzo Campanella (Sede del Consiglio Regionale della Calabria – Via Cardinale Portanova), per lavori di restauro. La Sala, oltre i Bronzi di Riace, ospita la Testa del Filosofo, i Dioscuri, il Kouros e altre opere provenienti dal Museo Archeologico Nazionale della Magna Grecia.
Il Laboratorio di restauro è aperto al pubblico dal 23 dicembre 2009, tutti i giorni anche i festivi, dalle ore 09:00 alle ore 19:30. L’ingresso è gratuito. (INFOLINE 800 985 164)